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Come dire Platone?

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Category: Conference Hits: 470 Last Updated: Venerdì, 11 Aprile 2025 11:48

La felicità non è nelle cose che hai, ma nell’armonia interiore che tu costruisci. È l’intento di Monica Ferrando. Un libro che ha nutrito durante una lunga passeggiata racchiusa in un anno.

Ogni giorno le cose della vita appaiono in una luce nuova. Uno sguardo, pochi fogli la sera e un fuoco ad ogni aurora, ci aprono alla grandezza, e quello che c’è - è l’attimo composto in un giardino: Tutto. Ricordare è un ritorno della mente a ciò che l’anima aveva già visto. “Ciò che è limitato è illimitato; la parte è l’intero” (P. Florenskij).

L’opera si fa vita. La filologia saggia la parola viva, incarna l’arte di leggere la realtà: esprime il luogo dell’interrogazione, la filosofia della parola, ascolta il respiro della lingua, ciò che dentro lo scritto l’essente scrive. Chi legge crea e scopre una capacità di infinito, quell’armonia matematica che ne è la tela. La matematica lega in una forma la visione del mondo, educa e restituisce un approccio filosofico alla natura. La natura riguarda il linguaggio matematico. La dialettica platonica è un sistema aperto. La filologia riconosce la sua interdipendenza con la filosofia e la matematica, da cui nasce la linfa dell’idea, per sorprendere nelle cose quella meraviglia, straordinaria realtà. “Ogni conoscenza non deve essere una specie di grumo autosufficiente nell’anima, ma una linea ausiliare del nostro rapporto vitale con il mondo, del nostro contatto con il mondo”, sostiene Florenskij. Il compito di Monica Ferrando, in questo volume, è mantenere quella “visione”, platonica, che operando opera, e la conoscenza si riferisce anche alla vita quotidiana. Il vedere di Platone è entrare nel cuore della sorgente, è poietico, intriso di un amore che è conoscenza e si approssima all’essenza. Nel Fedro, secondo Livio Garzanti, “si raggiungono le sorgenti del lògos, dove ragione e follia si congiungono e poesia e filosofia si ritrovano, in una matrice comune, quasi congenite. L’estetica qui ha detto la sua prima verità, il mondo delle idee si risolve o si dissolve nel divino, e pur qui, dove si pone lo sguardo dell’Iperuranio, si riconosce l’interiorità dell’anima umana, si risponde ai sofisti con ‘la nobile retorica’ di come l’uomo deve parlare all’uomo e si discute della vita della parola detta nel confronto con la scrittura.”

La passione per la poesia, sempre riprendendo Livio Garzanti, “produce sogni che la ragione, quando si desta, deve interpretare”. È proprio la parola che chiama la verità dell’esistenza, del nostro egoismo, e dà voce alle miserie, alle banalità del nostro animo. Tutto ciò può essere nocivo, per Platone, alla formazione dell’individuo, sebbene abbia amato come pochi il fascino dell’arte, la sua capacità di scorgere demoni e dei. Per coglier questa contraddizione bisogna calarsi nell’arte, nella letteratura – osserva Manzoni: solo la letteratura, l’arte in genere – dice come e perché gli uomini vivono quelle verità e come gli universali si impastino con le cose più bieche nel tessuto dell’esistere.

La meditazione, nel libro di Monica Ferrando, è fatta di 365 passi, zampillante di significati che indicano un altro modo possibile di leggere il poema della vita - forse la più ardua da difendere. La realtà eccede il nostro modo di dirla, “eccede ogni metafora” (W. Stevens). La sfida di Platone non è spiegare l’impossibile, ma pensarlo.

 

Monica Ferrando ha pubblicato vari studi di filosofia e pittura. Ha curato le edizioni italiane di Triade e de I nomi degli dèi di Hermann Usener, di Ercole al bivio di Erwin Panofsky e de La pittura e lo sguardo di Avigdor Arikha (Neri Pozza, 2016).

Tra le sue opere, il libro d’arte La ragazza indicibile (Electa, 2010 con Giorgio Agamben), L’oro e le ombre (Quodlibet 2015), Il regno errante (Neri Pozza 2018), L’elezione e la sua ombra (Neri Pozza 2022) e Arcadia sacra (Il Mulino 2024).

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Patrizia Trimboli

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