Presentazione di Plinio Perilli del libro MUSEO DELL’UOMO
Nella complessità della nostra vita è la poesia, nel suo breve attimo, a restituire il senso dell’accadere, a darci la forza di guardare in faccia le voragini “insuperabili” della realtà, la disperazione, il dolore, con autoironica umiltà.
Plinio Perilli, poeta e saggista, ci rende più amorosamente capaci di dare figura all’inaccessibile, al pulsare della vita, alle metamorfosi della fugacità, della delusione, dell’intimità familiare e delle sue stanze d’inquietudine, attraverso la bellezza e la fantasia poetica; ci esorta a guardare oltre il proprio Io e, nella discesa agli inferi, nelle dissonanze del cuore, a osservare la realtà con la missione di lasciare parlare la voce più profonda, sopportando l’incomprensione amara. Il sacro: “sentirsi in dono al dono” - Museo dell’uomo, Plinio Perilli.
“Siamo noi questi trasformatori della terra, tutta la nostra esistenza, i voli e le cadute del nostro amore, tutto ci abilita al nostro compito” - Rainer Maria Rilke.
La piattaforma internazionale La Terza Via ospita Plinio Perilli tra i nostri incontri di questo mese trasmessi in streaming. Lo scrittore presenta il libro MUSEO DELL’UOMO, un’occasione per ripensare la Poesia.
La partecipazione è gratuita ed aperta ad eventuali quesiti o commenti scrivendo a
Presentazione di Plinio Perilli del catalogo della Mostra “La rivoluzione degli eucalipti”, già avvenuta
alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, di NINA MAROCCOLO.
Il segno è criptato, fa sanguinare, la forma va oltre la carne. Il compito dell’arte è trasfigurare le figure per restituire voce alla carne, all’essere; è ispirare, evocare. La sua poesia è l’apparire, accogliere là dove non si può dire - lasciandolo vivere - riconfortato.
Nina Maroccolo è un’artista che interroga e si spinge oltre la soglia fra sguardi laggiù nello sfondo, ma sempre radicata nel qui e ora, pur evocando figure dell’altrove, tra prossimità e distanza. Il titolo è appello, che alimenta una profonda meditazione sul tema dell’ecologia - nella luce obliqua ma visibile degli eucalipti, perché insorga quella scintilla che ci fa destino. Qui la parola non è mai scissa dalla carne, si eleva musicalmente, muove contro l’oblio, nel suo essere presente e nel contempo chiusa in una propria lontananza.
Plinio Perilli, (Roma, 1955) ha esordito come poeta nel 1982, pubblicando un poemetto sulla rivista “Alfabeta”. La sua prima raccolta è del 1989, L’Amore visto dall’alto (finalista quell’anno al Premio Viareggio). Poeta, saggista, sa orchestrare voci, dando espressione al nostro tempo. C’è senza dubbio umiltà, coraggio, la fermezza classica dello scrittore, in Plinio. Le sue parole cadono come rintocchi, rimaste fedeli a un fervore davvero singolare. La sua pagina sgorga da una pienezza di linguaggio, da un’ampiezza visiva e da un impegno morale.
Ricordiamo anche un suo vasto, intrecciato compendio sui rapporti fra il cinema e tutte le altre arti (Costruire lo sguardo. “Storia Sinestetica del Cinema in 40 grandi registi”, 2009), per rendere finalmente omaggio a tutte le magiche sinestesìe che intrecciano e irradiano, insieme, l’ispirazione e l’immaginario.
Ultimo nato: “Museo dell’uomo”, edito da Zona, con una nota di Giulio Ferroni; il libro evoca la ricerca di valore e di significato, l’interrogazione allo smarrimento, all’angoscia.
Quando il suo sguardo ci raggiunge, pare sentire l’eco lontana di Rainer Maria Rilke: “così viviamo, in un continuo prendere congedo”.