“Il significato ha bisogno del corpo” … “Io volevo vedere l’anima, ma volevo vederla incarnata” è questa la poesia di “Metafisica concreta” con cui Pavel Florenskij manifestò il suo dissenso al pensiero antimetafisico positivista e alla metafisica astratta.
“Metafisica è l’attenzione per l’inosservabile dello stesso osservabile, in quanto questo, sub specie aeternitatis, rimane avvolto nell’Infinito”. La lingua esercita un ruolo fondamentale – la parola incarna il significato, si tratta di una voce dotta (Cacciari) che unifica e si innalza sopra il rumore perché il reale possa essere restituito attraverso quei principi esplorativi mai trascurabili, perché non ci si allontani con l’astrazione da quei significati dove la parola fa anima con l’essente; essa nomina l’apertura infinita al possibile e all’avvenire: il valore supremo della scienza e lo stretto nesso che coniuga verità con libertà, e ci convoca a una metafisica che venga dall’anima stessa e non scaturita dalla “combinazione di materiale fattuale”.
“Metafisica concreta” esprime una coralità di saperi capaci di scrutare il mondo in una dialettica del pensiero e allo stesso tempo di ricomporlo in un unico insieme. Il destino non si conquista nel protendersi al nulla, ma nel volere il futuro.
Massimo Cacciari scrive: “Metafisica così concretamente intesa non coglie l’essente oscillante tra nulla e nulla, bensì tra Inizio e Impossibile, tra l’Inizio irriducibile al concetto di Causa e il Fine oltre ogni scopo determinato, ogni possibile reale o definito, l’Impossibile inteso come éschaton del possibile, ovvero come il possibile che ogni possibile sia.”
La tensione dell’uomo all’impossibile non è dettata dalla voce dell’onnipotenza. Il suo destino si costruisce all’interno della natura, la quale è sottoposta a leggi inestirpabili, e lo sguardo che egli rivolge al reale è il medesimo su cui la capacità d’immaginare disegna: di trascendere le condizioni esterne, non scelte, del proprio esistere. Nell’esperienza dell’immaginazione, incessante orizzonte della possibilità, l’uomo può creare il nuovo.
Silesio recita: «La rosa che il tuo occhio esteriore vede, è fiorita in Dio dall’Eternità». Pavel Florenskij: in un passo dell’epistolario: «Il passato non è passato, esso si conserva eternamente da qualche parte, in qualche modo e continua a essere reale e ad agire» (22 novembre 1936). La memoria fissa nella coscienza il simbolo dell’Eternità e della Verità come Memoria Eterna (Večnaja Pamjat’).
Uno dei cardini della concretezza è l’esperienza della quotidianità, nel dramma dell’uomo e nella realtà, è la tragedia del mistero che tiene testa all’Impossibile. Forse, è sufficiente fermarsi e lasciarsi avvolgere da una fotografia, fuori portata, della periferia di una grande città che diventa ipòstasi dell’universo. L’immagine:
non c’erano uccelli, né vento, all’undicesimo piano: abiti laceri penzolavano da una corda tra due stanghe alzate, e una sparuta lampada appesa a un muro. Sentivo la deriva. E non riuscivo a vedere quasi niente. Quell’immagine era rimasta a raccontare la storia.
«Che cos’è l’universale? È un caso particolare» (Goethe).
Di Massimo Cacciari, filosofo, è apparso presso Adelphi un folto gruppo di titoli, l’ultimo dei quali è Il lavoro dello spirito (2020). Con Metafisica concreta si conclude l’esposizione del suo sistema filosofico, avviata con Dell’inizio (1990, nuova edizione 2001) e proseguita con Della cosa ultima (2004, nuova edizione 2019) e con Labirinto filosofico (2014). (Testo tratto da Metafisica concreta)