Mercato San Severino, 20 settembre 1943.
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“Raccontare la poesia” inarca ponti tra l’alterità della parola e la vita, tra l’espressione poetica e l’indicibile, nella consapevolezza che la parola è sempre scacco, nello slancio di ogni lettera, e parla - ancora, ancora, e ancora si fa ineffabile.
RACCONTARE LA POESIA 1970-2020 Saggi, ricordi, testimonianze critiche Premessa Al momento di licenziare questo libro desidero premettere alcune precisazioni e indicazioni che ne hanno ispirato la linea-guida. Innanzi tutto vorrei precisare che esso non intende essere una “storia della poesia italiana” di questi ultimi cinquant’anni, né intende segnare un tracciato di pura ed esclusiva ricerca accademica, rivolta a un pubblico di happy few, come non di rado lo sono certi prodotti di esimi studiosi della nostra letteratura; intendiamoci: libri necessari e importanti ma, ahimè, spesso paludati e di ostica lettura. Mi rendo conto che, detta da me, che ho dedicato più di quattro decenni di studi e ricerche e d’insegnamento universitario, la cosa può sembrare contraddittoria o forse addirittura irrispettosa, specialmente per chi ancora ritenga ci sia un solco incolmabile tra chi fa critica letteraria e chi la letteratura la crea. Un’altra precisazione: le pagine critiche e testimoniali di questo libro hanno a che fare con opere poetiche ben precise, che, pur analizzate singolarmente, hanno rappresentato più di altre il mio personale, vasto parco di letture, a cominciare da quelle degli anni universitari sotto la guida indimenticabile di Giacomo Debenedetti, fino man mano a quelle, intense e impetuose dei miei anni a Princeton (1976-1978) e poi ad Harvard (1979-1981). Bisogna poi aggiungere, a questo denso nucleo di letture, i numerosi seminari sulla poesia italiana da me tenuti in questi ultimi decenni alla Statale di New York, Stony Brook, coinvolgendo studenti talora davvero molto dotati (non pochi di loro oggi sono docenti liceali e universitari); seminari che avevano per oggetto opere di specifici poeti, a volte anche decentrati, del nostro ultimo Novecento e nuovo Millennio; poeti, a mio avviso, piuttosto originali, che mi avevano particolarmente appassionato, e che tuttora vado rileggendo con profitto e piacere. Nell’insieme di questo volume il lettore troverà, di fatto, capitoli o momenti dedicati esemplarmente a poeti oggi forse un po’ negletti o letteralmente eccentrici, ma che – per quanto mi riguarda - hanno rappresentato momenti di singolare e innovativa evoluzione della nostra poesia. Vengo ora alla struttura quadripartita di questa mia fatica, che mi ha impegnato per un anno intero. Nella terza sezione di questo volume (Dalla generazione degli anni Quaranta e oltre) il lettore troverà saggi e testimonianze su poeti specifici, appartenenti, nella stragrande maggioranza, alla mia generazione, fino ad arrivare alla poesia di Pierluigi Cappello, un poeta friulano a me molto caro che ho conosciuto solo telefonicamente. Nato nel 1967, Pierluigi ci ha lasciato tre anni fa con mio immenso dolore. Tengo nuovamente a precisare che in questa terza parte ho trattato soltanto poeti di cui mi sono effettivamente occupato, molti dei quali ho anche personalmente frequentato in varie occasioni. Come già mi è avvenuto di scrivere, nel mio percorso di poeta e saggista - a parte il giovanile apprendistato sui classici latini e greci - i poeti per me decisivi sono stati i simbolisti e i surrealisti, ossia poeti di forte ispirazione visionaria, che però in molti casi avevano alle spalle un’esperienza di vita vissuta (quella che in tedesco si riassume efficacemente nel termine Erlebnis) intensa, talora lacerante. Ma poi hanno contato moltissimo anche gli stessi poeti, miei coetanei o quasi coetanei, con i quali mi sono utilmente confrontato, e che hanno segnato il mio cammino, diciamo pure la mia evoluzione critica e poetica. È precisamente su alcune loro opere sulle quali, di fatto, ho concentrato la mia attenzione. Ne è risultata una campionatura esemplare (e, ripeto, soggettiva) che non intende rappresentare in nessun modo un compendio letterario sulla poesia italiana di questi ultimi decenni, piuttosto, invece, mettere a fuoco alcune opere che nel mio viaggio attraverso la testualità poetica hanno condensato, a volte casualmente, a volte per necessità professionali, a volte per mia personale empatia espressiva, la mia attenzione critica; dunque con tutte le ovvie lacune, dovute, appunto, a gusti personali o a scelte puramente contingenti. Spero che quest’ultima asserzione eviti fraintendimenti o risentimenti da parte di singoli poeti contemporanei, anche di forte rilievo, che hanno tutto il mio rispetto ma dei quali non mi è capitato di occuparmi in modo specifico. La quarta e ultima sezione è essenzialmente un Repertorio, questa volta in ordine alfabetico, che raccoglie appunti di lettura su poeti della nostra contemporaneità, soffermandomi a volte esclusivamente su singoli libri. Si tratta, insomma, di un campionario variegato e pullulante di voci diversificate, dove variano tono ed esposizione, a seconda dei casi, ma la cui espressività - quella mia di lettore appassionato - obbedisce sempre a criteri di perspicuità e mi auguro di godibile leggibilità. Perché questo, in ultima analisi, è il proposito basilare e ambizioso che anima l’intero libro: quello cioè di costituire un invito al lettore affinché attraverso queste pagine possa avvicinarsi ad alcuni poeti leggendo (o rileggendo) certe loro opere, e magari innamorandosene.
Luigi Fontanella Mt. Sinai, New York, gennaio 2021 lfontdoc2
Tengo allora a precisare che questo volume è stato concepito e scritto en poète: da qui il diffuso carattere di “racconto” e di personale testimonianza critica, rivolta a un pubblico che non sia soltanto quello degli “addetti ai lavori”, ma soprattutto di chi ami davvero la poesia. Chiedo scusa di questa ingenua affermazione, ma vorrei che servisse, essenzialmente, a essere un invito a leggere e ad amare i poeti da me trattati in queste pagine, dei quali, beninteso, offro una semplice campionatura, assolutamente non una sintesi complessiva.
Insomma, mi piace pensare che una persona interessata alla cultura letteraria possa apprendere, come una volta ha scritto Alfonso Gatto, «di più dalle testimonianze critiche degli stessi poeti o persino da una semplice recensione di Montale su come la poesia vada letta, giudicata e compresa, rispetto ad altri sistemi che, col loro voler spiegare tutto, alla fine non spiegano nulla». Traggo la citazione di Gatto da un suo intervento in occasione del Premio Letterario Isola d’Elba, consegnato nel 1969 a Eugenio Montale per Fuori di casa, ora leggibile nella rivista «Italianistica», n. 1, gennaio aprile, 1972, p. 100.
Dunque, lo spirito che anima queste pagine è simile – si parva licet – a quello p.e. che ispirò a Ungaretti i suoi tanti, appassionanti saggi e interventi critici oggi leggibili nel secondo Meridiano mondadoriano dedicato alla sua opera (Vita d’un uomo) ; o il Fortini per quel suo coinvolgente volume Da Ungaretti agli ermetici (Laterza, 1977); o quello che dettò a Zanzotto le pagine critiche di Aure e disincanti nel Novecento (Mondadori, 1994); o il Raboni autore di due importanti volumi: Poesia italiana degli anni sessanta (Editori Riuniti, 1976) e Poesia italiana contemporanea (Sansoni, 1980); o, tornando proprio a Montale, al suo ancor oggi bellissimo Sulla poesia (Mondadori, 1976), curato da Giorgio Zampa. E l’elenco potrebbe continuare con tanti altri libri analoghi; su tutti: quelli di poeti come Pier Paolo Pasolini, dal garzantiano Passione e ideologia del ‘60 al postumo Descrizioni di descrizioni (Einaudi, 1979) a cura di Graziella Chiarcossi; o magari quelli, assai pertinenti e impertinenti, di Edoardo Sanguineti e di Alfredo Giuliani, senza neppure voler scomodare illustri exempla d’oltralpe: da Baudelaire a Mallarmé, Valéry, Apollinaire, Breton, Ponge, Jaccottet, Bonnefoy, eccetera eccetera.
Nella prima e seconda parte, rispettivamente intitolate Rivisitazioni e Saggi, ritratti, testimonianze, raccolgo per lo più scritti saggistici e in parte anche testimoniali su autori inseriti cronologicamente; esemplari le pagine su Tommaso Landolfi, uno dei maggiori narratori italiani del secondo Novecento, ma la cui poesia per me resta fra le più inconsuete e scintillanti, o quelle su Leonardo Sinisgalli, che tanti anni fa ebbi la fortuna di frequentare personalmente.
Dunque sezioni, queste, su autori che oggi sono più immediatamente “riconoscibili” in altri generi letterari, sebbene quest’ultima elocuzione oggi a me pare ormai improponibile… ma c’è ancora chi, forse oziosamente, si ostina, per esempio, a definire “scrittore e poeta” qualche prosatore che pratichi “anche” la poesia. Ma in fin dei conti, un poeta o narratore o critico letterario che sia, non è forse, comunque e prima di tutto, uno scrittore? Mi vengono in mente, di nuovo, le avvincenti lezioni (preparate per iscritto) di Giacomo Debenedetti, quando le seguivo, da giovane studente, a La Sapienza - conservo ancora le dispense ciclostilate originali di quei due anni accademici 1963-1964 e 1964-1965, poi radunate in quei suoi ineludibili volumi postumi Il personaggio uomo (Il Saggiatore, 1970) e Il romanzo del Novecento (Garzanti, 1971). Come pure mi tornano a mente i numerosi incontri da me avuti con Cesare Garboli, che mi ha onorato della sua amicizia; per me uno dei critici più idiosincratici e geniali che ha avuto l’Italia. Da Garboli ho imparato come si imposta un saggio e, ancor più, come lo si editi o lo si prosciughi. Mi permetto rimandare il lettore a un mio recente scritto autobiografico uscito in «Gradiva» (n. 55, Spring 2019), legato a un libro di Rosetta Loy: Cesare (Einaudi, 2018), pagine in cui ho rievocato le mie prime pubblicazioni in «Paragone», con saggi su Antonio Delfini, Aldo Palazzeschi, Federigo Tozzi, Tommaso Landolfi, Pier Paolo Pasolini, ecc.
Ancora in queste prime due sezioni recupero un mio scritto pubblicato a suo tempo nel mio volume Storia di Bontempelli (Longo, 1997): ecco un altro magnifico narratore la cui produzione poetica, come ha scritto Luigi Baldacci, ancora oggi risulta «misteriosamente e perversamente esclusa» dagli studi più o meno ufficiali della lirica italiana novecentesca. Eppure, a mio avviso, Bontempelli, ur-poeta, è importante specialmente se considerato come collant tra la stagione futurista e quella prettamente informale e pre-ermetica. La stessa cosa, pur con differenti modalità espressive, si potrebbe dire della poesia, semisconosciuta, di Anna Maria Ortese, profondamente intrisa di aura leopardiana, forse la più seducente narratrice di tutto il Novecento italiano ed europeo, lanciata a suo tempo nel 1937 proprio da Bontempelli con quel suo libro di precocissimi racconti (Angelici dolori) che ancora oggi non hanno affatto perduto nulla del loro originale incantesimo.
Il lettore avrà già capito che in queste prime due sezioni la mia predilezione si è indirizzata in prevalenza verso figure a-canoniche, “decentrate” o in parte oggi trascurate della nostra modernità. Cito, tra gli altri, sempre cronologicamente, autori come Ruggero Jacobbi, Angelo Maria Ripellino, Alfredo Giuliani, Carlo Felice Colucci, Luigi Bacchini, Giannino di Lieto, Elio Fiore, fino a un caro amico come Gregorio Scalise, purtroppo scomparso di recente. Preciso che questa seconda sezione comprende poeti nati non oltre gli anni Trenta.
E, comunque, qui mi preme sottolineare il fatto che questi miei scritti – senza alcuna volontà di escludere autori di rilevo dell’ultimo cinquantennio - appartengono a una mia personale “officina” letteraria di cui mi sono man mano nutrito, con la quale mi sono più fruttuosamente confrontato, e della quale appassionatamente occupato, senza trascurare la lettura di alcune maggiori figure ormai storicizzate o storicizzabili della nostra storia letteraria (Luzi, Risi, Erba, Sanguineti, Raboni, ecc.). Aggiungo che tutti questi miei scritti, concepiti in un arco di tempo piuttosto lungo, sono stati, per quest’occasione, variamente ampliati, o ricomposti, o del tutto riscritti ex-novo.