Non occorre possedere una fede religiosa per percepire la tensione spirituale e raccogliere il messaggio delle opere di Dolores Previtali. Se la sua straordinaria Via Crucis grande protagonista di questa esposizione ben testimonia la capacità dell’artista di narrare la vicenda sacra con voce moderna, pur restando fedele alla tradizione iconografica, le altre opere esposte offrono uno sguardo approfondito sulla dimensione più umana e terrena della ricerca della scultrice, che per parlare di spirito parte dalla tangibilità del corpo, per raccontare la bellezza della vita comincia sempre dall’esperienza del dolore. E proprio dalla sofferenza comincia il viaggio arti-stico della Previtali: una sofferenza tutta interiore, espressa nei corpi scheletrici delle sue prime tormentatissime figure. Corpi che, anno dopo anno, progressivamente si sintetizzano in forme pure, allungandosi verso il cielo, come i loro visi e i loro sguardi, che tendono sempre più verso l’’alto, in cerca di risposte o forse soltanto in cerca di una ragione per sopravvivere. Fragili, si, disperatamente bisognose di aiuto, ma non più sole. Ecco definirsi uno dei temi iconografici più noti della scultrice: il gruppo, l’insieme di corpi. Nel vicendevole sostegno l’umanità smarrita ritratta dall’artista ha trovato una nuova forza: la condivisione, il reciproco conforto come possibile soluzione. sopraggiunta la speranza, un barlume di ottimismo, la fede in un domani migliore. La dimensione del dolore, però, non smette di essere indagata: un dolore che ferisce e lacera la carne, reso tangibile nella straziante tensione dei Torsi, brani anatomici ormai ridotti a brandelli, essenziali tanto da sfiorare l’astrazione. Sono proprio quei corpi violati dalla sofferenza a suggerire a Dolores la via della luce. Il primo, simbolico, passo si manifesta nella scelta cromatica. La Previtali scopre il bianco. Lo indaga fino ad abitarlo in tutta la sua complessità, lo accarezza e si fa a sua volta abbracciare dal colore che, per eccellenza, rappresenta l’Assoluto. C’è ancora dolore ma non c’è più paura. Gli occhi ben aperti guardano ora al futuro senza timore, si avventurano verso orizzonti luminosi, terre promesse permeate di una nuova dimensione di felicità, quasi una rinascita. Il sopravvivere? si è tramutato in un vivere pieno e consapevole. Merito della fede, certo, ma e qui sta a mio avviso un elemento fondamentale della poetica di Dolores Previtali di una fede che supera i confini del credo religioso per guardare, piuttosto, all’Uomo. Nonostante tutto, Dolores crede ancora negli Uomini. Crede nella possibilità di un riscatto, nel potere di un sorriso, nella necessità di un abbraccio. Crede in una salvezza che non possa nascondersi dietro al volere divino, ma che debba maturare e prendere forma in ciascuno di noi. Nell’universo della Previtali non è previsto l’evento miracoloso. La Passione di Cristo può essere un esempio, non una soluzione. Ed è qui che per lei ora risiede il vero senso del fare arte. Se agli esordi l’atto creativo poteva essere una consolazione, un prezioso strumento per esorcizzare le proprie paure, ora Dolores intende le sue opere come mezzo di comunicazione? o dovrei dire di contagio: nella speranza che il suo rinnovato ottimismo un ottimismo generato dalla consapevolezza fisica e spirituale del dolore e dalla sua profonda e personale conoscenza possa diventare endemico, diffondersi di sorriso in sorriso, come una gioiosa epidemia. Senza smarrire la loro magnifica solennità, le sculture di Dolores invitano ora con serenità all’azione, suscitano in noi un bisogno di reazione, in cerca di un miglioramento che, pur riguardando la collettività la società tutta può e deve partire anche dal singolo. Quelle della Previtali sono sculture create in una materia che pare palpitante come carne viva, plasmate con gesti figli di una sincera urgenza creativa e di un’emozione sempre nuova, in uno stile personale, inconfondibile, sempre coerente... sono figure che sanno abitare gli spazi che le ospitano, avvolgendoli di un rassicurante silenzio. Esse stabiliscono subito un dialogo con chi le osserva. Senza clamore, senza violenza, raccontano di vite affrontate con coraggio. Parlano di un mondo in cui la comprensione reciproca e l’amore per il prossimo potrebbero vincere. Inducono a riflettere sulle proprie paure, offrono motivi per superarle, ci ricordano la possibilità di un domani migliore, un domani nel quale il sacro e il profano, il divino e l’umano, potranno incontrarsi. (da Quella meravigliosa forza del vivere, pubblicato in: Con la forza immensa della vita, catalogo della mostra al MUST di Vimercate. 2016).
Simona Bartolena
FIGURA
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